Se la cucina nasce “donna”, perché gli chef sono quasi sempre uomini?

 

Partiamo da un dato di fatto. Le donne nell’alta cucina sono ancora in netta minoranza.

Non a caso può capitare di leggere articoli che, pur animati da lodevoli intenti, presentano al grande pubblico delle chef eccellenti come donne “con gli attributi”.

Allora il dubbio sorge spontaneo: stiamo parlando di donne o di uomini? Possibile che una donna affermata nel lavoro debba ancora essere assimilata a un uomo?

Pensare che da tradizione la cucina domestica è il luogo femminile per eccellenza e che molti, donne e uomini, hanno sviluppato un amore viscerale per questo mestiere proprio grazie alle cuoche di famiglia, madri e nonne in testa.

Il problema nasce non appena si varca la soglia di casa: quella che per secoli e secoli è stata un’attività prettamente femminile (e che molte donne ancora svolgono in perfetta solitudine insieme agli altri lavori domestici) si trasforma “magicamente” in un lavoro da uomini. E tanto più si sale di rango peggio è.

Dobbiamo allora ritenere che in questo campo talento e professionalità siano di appannaggio maschile? Oppure che questo lavoro sia incompatibile con il genere femminile?

Io, personalmente, non credo. Ma voi cosa ne pensate?

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