Di Leopoldo Gasbarro

Il sole 24 ore FOOD24 

«Questa sera cucinerò soltanto per mia moglie…». Mauro Uliassi è così, un guascone della gastronomia italiana, un gentiluomo, un figlio dei fiori. E’ uno chef che incarna la storia di più generazioni, le porta con sé, le rappresenta, così come fa con la sua cucina.

Ha al suo attivo una carriera straordinaria: premiato con due stelle dalla prestigiosa guida Michelin. Il suo ristorante è a Senigallia. E’ affacciato sul mare ed è riparato dalle colline marchigiane; porta il suo nome, tanto per non confondere ne se stesso ne i suoi avventori.
Gli chiedo quale piatto identifichi in questo momento la sua idea, la sua filosofia di cucina, ed invece, chissà perché, si finisce con il parlar di donne, di come abbiano caratterizzato gli anni più importanti della sua vita, di come abbiano condizionato le sue scelte, anche quelle più determinanti, quelle che lo hanno portato ad essere ciò che è: uno dei più importanti chef del nostro paese.
Sua madre Bianca Maria, lo ha spronato ad entrare in gastronomia, sua moglie Chantal lo ha ispirato a diventare ciò che è, sua sorella Catia rappresenta il punto di riferimento essenziale all’interno del suo ristorante.
Ma non solo loro…
«Ho scelto di cucinare, perché amo dar piacere agli altri, perché impazzisco quando vedo gli occhi delle persone sbarrati dall’emozione che provano dopo aver assaggiato i miei piatti. Ho capito – spiega – cosa significhi cucinare con amore, con passione. Attraverso il cibo si acquisiscono forti poteri seduttivi, è un effetto straordinario: se ci si muove nel modo giusto e si permette alle persone di poter recepire queste sensazioni, dopo quattro o cinque portate, leggi nelle loro espressioni un piacere puro, unico.
Per questo amo fermarmi al tavolo a chiacchierare con i clienti, io mi nutro di quelle emozioni, alimentano la mia passione e mi stimolano a far sempre meglio ciò che faccio. E’ un po’ come in amore. Attraverso le mie creazioni i clienti s’innamorano di me, di quello che sono e rappresento».

Il cibo come l’amore, come l’eros. «Certo, il cibo ti permette di entrare dentro le persone, anche in senso fisico e con quello il tuo pensiero, la tua energia, la tua voglia di vivere. Tutto questo mi ritorna indietro attraverso il sentimento che loro nutrono per me dopo aver provato quell’esperienza: è una gratificazione che non si può misurare. Per questo cibo ed eros vanno a braccetto.
Cibo ed eros rappresentano le due attività dalle quali le persone non possono prescindere: il cibo ci alimenta e ci permette di sopravvivere, l’eros, l’accoppiamento, ci consente di moltiplicare la nostra specie e di sopravvivere a noi stessi. Tuttavia – racconta Uliassi – una volta soddisfatti questi bisogni ancestrali, una volta che ci si è allontanati dalla fame e ci si è riprodotti, sia il cibo che l’eros diventano piacere allo stato puro e ci si sposta in un’altra dimensione».
Mangiare e far l’amore sono le uniche attività umane che coinvolgono tutti e cinque i sensi: la vista, l’olfatto, il gusto, il tatto e l’udito. «Pensate alle parole dolci che si scambiano due amanti o allo scrocchiare di una patatina fritta; immaginate gli stimoli visivi che interagiscono direttamente con il cervello e che ti fanno sentire eccitato se guardi una bella donna o ti fanno venire l’acquolina in bocca se, passando davanti alla vetrina di una pasticceria, vedi un bella torta».

Le similitudini sono molto molto forti e ne potremmo descrivere tante altre, potremmo non stancarci mai.
«Il cuoco è fortunato – precisa Mauro con entusiasmo – perché ha la possibilità di vivere entrambe le condizioni e di viverle da protagonista. Questo è il significato che do al mio lavoro ed è per questo che lo trovo molto divertente, affascinante e, grazie a ciò che faccio, sono convinto di vivere molto bene la mia vita».
Uliassi è legato a filo doppio alla sua terra, al suo mare, ai colori ed agli aromi delle sue colline. La sua ricetta di vita è una ricetta che rappresenta l’Italia e le sue tipicità, le sue unicità. «La seppia con i piselli è un piatto fortemente rappresentativo del nostro territorio, ne è una straordinaria espressione. E’ un piatto tradizionale che noi abbiamo reinterpretato e dedicato ad un grande artista della fotografia italiana, della fotografia in bianco e nero: Mario Giacomelli. Lui con il suo obiettivo ha descritto paesaggi unici, che solo il nostro Paese può vantare. Era di Senigallia – racconta con un pizzico di emozione Uliassi – venne a mangiare da me tre giorni dopo l’inaugurazione del nostro ristorante. Io allora lo conoscevo solo di fama. Assaggiò, tra l’altro, uno spaghetto al nero di seppia. Quando lasciò il ristorante ci accorgemmo che con uno stecchino aveva fatto un disegno con il nero di seppia sulla nostra tovaglia e lo aveva firmato “Giacomelli ’90. Quella tovaglia l’abbiamo messa sottovetro, conservata come una delle sue opere più importanti. Da quel giorno siamo diventati grandi amici perché gli piaceva la nostra cucina, ci riconosceva energia e passione, quell’energia e quella passione a cui lui era molto sensibile».

Ma perché “La seppia con i piselli” è legata a Mario Giacomelli? «L’assonanza deriva dal colore – spiega Uliassi – la seppia è un piatto in bianco e nero, come le fotografie del maestro. Noi però abbiamo aggiunto il verde, che è il colore dell’allegria, della speranza, della freschezza, della primavera, il verde ha tante sfumature positive, è il colore della rinascita. La preparazione parte da seppie piuttosto grandi. Le puliamo bene, le mettiamo sottovuoto con olio e sale e le cuciniamo a 53° per quattro ore. Questo tipo di cottura permette alla seppia di mantenere le sue caratteristiche organolettiche di profumo, colore e sapore, ma ne cambia la consistenza, che si presenta con una tessitura molto più ferma, tosta, estremamente piacevole al palato.
Le seppie, così preparate, vengono messe una sopra l’altra, a pacchetto, fatte gelare a 25° sotto zero e poi tagliate a fogli sottilissimi. Nel piatto intanto abbiamo preparato il condimento con fave, piselli e le teste degli asparagi selvatici accompagnati da un pochino d’olio. Sopra ci adagiamo il foglio di seppia».
E la parte nera del piatto?
«Quella deriva da una mescola che prepariamo prima – sottolinea Uliassi – una mescola liquida di nero di seppia, bottarga di muggine, ostriche e ricci di mare. Questa mescola la mettiamo in stampi di otto centimetri per tre e la facciamo gelare in modo tale da realizzare dei parallelepipedi solidi, neri che grattugiamo sul foglio di piovra a lamelle sottilissime. E’ questa la neve che colora di nero la nostra seppia».
E’ piacere puro.
«Ora devo andare – ci dice sorridendo Uliassi – questa sera, come vi ho detto cucinerò per mia moglie, solo per lei, perché ogni volta è come se riuscissi a sedurla ancora, ancora una volta».

ULIASSI

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