Quello del cuoco è un lavoro intimamente legato alla cultura e alla storia di un popolo, un lavoro che è profondamente cambiato nel tempo pur rimanendo fedele a se stesso.

Potrà sembrarvi strano, ma in questa vicenda anche la divisa ha giocato un ruolo importante.

E voi, quanto ne sapete? 

Breve storia della divisa secondo trigliadibosco

Cappello e foulard: la carta d’identità del cuoco

“Dimmi che cappello hai e ti dirò che cuoco sei”. Si potrebbe sintetizzare così la storia della divisa in cucina. In realtà, sono ben due i paramenti che, variando per forma e colore, identificano il cuoco: il cappello e il… foulard! Ai tempi del famoso Auguste Escoffier ne simboleggiavano il grado: dal lavapiatti al verduriere, su su fino al Grand chef.

A chi si collocava fra commis e aiuto-cuoco toccavano casacca bianca e bustina (un cappello basso, appiattito e a tese larghe accompagnato da un foulard bianco); era invece il foulard blu, signe, segno distintivo del Cordon bleu, a indicare un ruolo pari o superiore al cuoco. L’altezza del cappello faceva il resto: tanto maggiore quanto più alto era il rango del personaggio in questione.

Ma perché la divisa è di colore bianco? Ve lo siete mai chiesto? Voglio svelarvi il segreto…

Il candore dell’uniforme

È inutile negarlo, tutti noi siamo affascinati dall’uniforme bianca che segue il personale in movimento nel laboratorio di cucina.

Ho detto bianca, certo… la divisa del cuoco deve risaltare per pulizia ed eleganza: è un po’ come il biglietto da visita di chi la indossa. Provateci a pensare: senza quel diffuso candore la frenesia che governa i gesti rapidi e sicuri di chi esegue una comanda non avrebbe lo stesso impatto sugli occhi del pubblico, sia che si tratti di semplici spettatori di film e programmi tv (come Sapori e dissapori o Masterchef) o di clienti in carne ed ossa. E chi di voi, seduto al tavolo di un ristorante, non ha mai assaporato il gusto di buttare l’occhio oltre il vetro per osservare lo spettacolo dei cuochi affaccendati?

Lo abbiamo visto: la nascita dell’uniforme è legata alla gerarchia, e se in cucina, è inutile negarlo, la gerarchia resiste, oggi il gruppo conta di più.

La divisa nobilita il gruppo

Tagliare, friggere, arrostire… tutti gesti impreziositi dall’abito indossato per realizzarli.

Oggi, probabilmente, nella cucina moderna i parametri per stabilire responsabilità e gerarchie non sono più quelli dettati da Escoffier: anche se tutti vestono la stessa divisa, i ruoli sono comunque ben definiti, ma è in primis il gruppo a risaltare, perché solo un lavoro ben orchestrato porta al risultato, qualsiasi mansione i singoli svolgano.

A proposito, sapete quali sono gli elementi di una divisa moderna? Guardiamoli nel dettaglio. Ecco di seguito riepilogato il vestito completo di un cuoco: giacca, pantaloni, grembiule e cappello.

Più che una giacca un’armatura

Abbiamo detto che la giacca deve essere bianca per denotare al primo sguardo pulizia e decoro; pochi sanno, tuttavia, quanto sia preziosa per la sicurezza: protegge lo chef dal calore del piano cottura e del forno e al tempo stesso dagli schizzi dei liquidi bollenti. In aggiunta, il suo doppiopetto, quando capovolto, ha il ruolo strategico di nascondere sporco e macchie. Per lunga tradizione, infine, è completata da bottoni di stoffa estraibili, in grado di sopportare numerosi lavaggi e il contatto con oggetti caldi.

Fermo restando il bianco, oggi le divise possono variare nei colori: alcune presentano un bordino nero, mentre altre hanno contrasti in chiaro. Ultimamente, per la giacca, il nero è molto in voga, né va sottovalutata la possibilità di personalizzare questo indumento inserendo il proprio nome o il logo del ristorante.

 

Perciò la divisa del cuoco non è solo questione di immagine, ogni suo elemento ha anche un preciso valore funzionale. Nel mondo della cucina, ricco di piccole insidie, deve essere una protezione comoda ed elegante.

I pantaloni: comodi e funzionali

I colori tradizionali dei pantaloni da cuoco sono il sale e pepe e lo scacco bianco e nero, fantasie che aiutano a camuffare le macchie durante il lavoro in cucina. Come per le giacche anche in questo campo i gusti stanno cambiando aprendo la porta a originali nuances, ma i disegni scuri e a fantasia rimangono saldamente in cima alle preferenze, e sempre per la stessa ragione: sono ottimi per nascondere uno dei peggiori nemici in cucina… lo sporco!

Se la giacca da chef è piuttosto formale, i pantaloni lo sono molto meno, soprattutto per ragioni funzionali: sono abbastanza larghi da mantenere i cuochi al fresco e donare loro ampia libertà di movimento (non molti pensano a quanta ginnastica facciamo ogni giorno…); sono inoltre dotati di tasche per riporre asciugamani, utensili o anche cibo.

Negli Stati Uniti la maggior parte degli chef indossa pantaloni a scacchi bianchi e neri. Gli europei, invece, li prediligono blu o sale e pepe, mentre il capo chef li veste spesso neri. 

Il grembiule: l’ultima difesa

I grembiuli vengono utilizzati per proteggere ulteriormente i vestiti del cuoco da schizzi di cibo e macchie e sul mercato ce ne sono di molti tipi (con pettorina, alla francese, etc.), ma i più popolari sono quelli a vita bassa e quelli con pettorina, che prevedono anche una tasca. E voi, quali preferite?

Non solo un copricapo

Detto anche toque (pronuncia “tock”), il cappello è l’elemento che completa l’intero corredo da chef. Abbiamo già visto come la sua altezza sia pari al rango di colui che lo indossa. La tradizione vuole che le 100 pieghe di un toque rappresentino i 100 diversi metodi che un cuoco conosce per preparare un uovo. Insomma, a essere dichiarata è l’esperienza che si vanta in cucina.

Al di là della tradizione, attualmente un cuoco dispone di un’infinita varietà di cappelli tra cui scegliere: cappelli bianchi da chef di diverse lunghezze, cappelli tradizionali da cuoco, bustine, classici berretti da baseball, fino ai copricapi usa e getta acquistabili in pacchetti. 

In conclusione: anche la divisa fa lo chef

C’è stato un tempo in cui i cuochi non indossavano uniformi e venivano considerati dalla società alla stregua di un gruppo di uomini ubriachi e poco raccomandabili. Sono stati due chef francesi, Marie-Antoine Carême e Auguste Escoffier, a conferire prestigio alla professione anche attraverso l’elaborazione di una divisa ad hoc. Volevano onorare il lavoro del cuoco ed elevarne lo status facendone un’occupazione rispettata e di prestigio. Così gli chef furono incoraggiati a studiare ulteriormente donando al proprio mestiere un più alto livello di professionalità. E da allora la crescita e le scoperte in ambito culinario non si sono mai fermate.

Cosa pensate di questo breve articolo?

Da oggi in poi guarderete i cuochi con occhi diversi?

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